Quello che un Paese avanzato non può permettersi è lo spreco di risorse umane, in particolare dei giovani, che rappresentano il futuro!
Bisogna, quindi, investire sui giovani e sulla loro educazione, se si vuole migliorare e favorire l’occupabilità e l’economia del nostro Paese, attraverso un modello di scuola orientativa, che si faccia carico dei bisogni di ogni alunno e che sia consapevole di dover aiutare ciascuno a sviluppare il proprio progetto di vita, in coerenza con i propri sogni e le proprie attitudini ma anche attraverso un conseguente adattamento ragionato alle esigenze del mercato del lavoro e della società.
Questo, però, è possibile solo e soltanto nella misura in cui la scuola tutta, a partire dalla scuola dell’infanzia, diventi sempre più la scuola della persona, che costruisce il percorso educativo sulla base dei bisogni espressi, utilizzando ogni disciplina a supporto di questo macro-obiettivo: la formazione integrale della persona e il suo “ben-essere fisico”, psichico, affettivo.
Intervenire sulla persona, sin dal suo ingresso nella scuola, sostenerne la “motivazione allo studio” e contribuire allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno è il primo compito della scuola e lo strumento più efficace per contrastare la dispersione scolastica. Ma non basta questo! L’Orientamento deve coinvolgere l’intera Comunità educante, proporre via via attività più strutturate nel passaggio alla scuola secondaria di primo grado e, nella fase finale del corso di studi, interfacciarsi con le Università, il mondo del lavoro, le imprese, i servizi per il lavoro (centri per l’impiego, agenzie per il lavoro) e le parti sociali, tra cui anche le organizzazioni sindacali sono ricomprese. L’orientamento formativo, infatti, ben centrato sulla persona e sui suoi bisogni, si rivela efficace nei momenti della transizione tra scuola/Università o tra scuola/lavoro, perché fornisce le necessarie informazioni e rafforza le competenze necessarie per affrontare la transizione e la scelta, momento cruciale nella vita dei nostri giovani. Tutte le Istituzioni rivolgono oggi grandi attenzioni alle transizioni, sempre più frequenti e significative nella nostra società e nella vita di ogni giovane, spesso impreparato ad affrontarle e superarle senza traumi o insuccessi. Crediamo che questa incapacità o difficoltà del giovane nell’affrontare le transizioni abbia una radice antica e profonda, che chiama in causa la scuola, il suo compito educativo e il modo in cui esso viene realizzato. Val la pena riaffermare, ancora una volta, quanto siano strettamente e profondamenti collegati la dispersione scolastica e l’orientamento, come già ricordava la prof.ssa Maria Luisa Pombeni docente di Psicologia, preside della facoltà di Psicologia di Bologna che con i suoi contributi tecnico scientifici è stata ed è un punto di riferimento culturale oltre che scientifico operativo per l’orientamento in Italia.
“La centralità del ruolo strategico attribuito all’orientamento nella lotta alla dispersione e all’insuccesso formativo non è da mettere in discussione. Il ruolo strategico dell’orientamento viene collegato al fenomeno dell’insuccesso e della dispersione, mettendone in risalto le due facce del problema: da un lato, le ricadute patologiche sul funzionamento del sistema scolastico stesso e le conseguenze sul sistema economico-produttivo e, dall’altro, gli effetti problematici sull’evoluzione delle storie individuali (formative, lavorative, sociali)”.
Spesso, però, tale legame non viene colto e le politiche educative ne dimenticano o sottovalutano il collegamento e l’interdipendenza e, quindi, una vera strategia di contrasto alla dispersione scolastica nel nostro Paese ancora non esiste. Perciò, cambiare la strategia dell’orientamento, i suoi servizi, formare gli operatori a una dimensione orientativa basata sulla domanda dell’utente, più che sull’offerta standard, contribuirebbe significativamente a contrastare la dispersione scolastica. Un’efficace strategia educativa da parte della scuola, che si voglia far carico della formazione integrale della persona e sostenerne la fiducia e la motivazione, deve assegnare un nuovo ruolo all’orientamento, non più o non solo informativo e limitato ai momenti di passaggio, ma fondato su un approccio olistico e formativo, che investe il “processo globale di crescita della persona, si estende lungo tutto l’arco della vita, è trasversale a tutte le discipline ed è presente nel processo educativo sin dalla scuola dell’infanzia”.
Va, infine, ricordato che anche l’UE da Delors a Cresson , fino alle ultime Raccomandazioni, non ha mancato di ribadire con due Risoluzioni più volte il ruolo chiave dell’orientamento nella prevenzione e contrasto della dispersione scolastica attraverso un rafforzamento della qualità dei servizi, centrati sull’utente e sui suoi bisogni, della garanzia di accesso ad essi, del coordinamento degli interventi da parte dei Soggetti abilitati e competenti, del cambiamento del modello di apprendimento, dell’importanza delle career management skills e del ruolo chiave delle tecnologie.
Gli elementi per una visione dinamica, integrata e sociale di una strategia anti dispersione, centrata sull’orientamento formativo, deve poggiare su tre elementi:
- centralità della persona, che significa ruolo attivo della persona nei processi di conoscenza, che prendono avvio dall’esplorazione di compiti/problemi tratti dalla realtà e che facciano cogliere il legame tra individuo e realtà, tra formazione e lavoro;
- nuovo modello di docente, che implica un docente non più trasmettitore di saperi, ma costruttore di saperi in collaborazione con gli studenti, nonché guida e sostegno per l’acquisizione delle competenze di orientamento al lavoro o Career Management Skills (CMS);
- patto di corresponsabilità educativa, perché il coordinamento di Soggetti e servizi è l’unica strategia per moltiplicare le opportunità per i nostri giovani, specie per i più fragili, di orientarsi dentro e fuori la scuola.