ITS, UN PONTE TRA SCUOLA E LAVORO

Gabriele Toccafondi, relatore del progetto di riforma degli ITS in Commissione Cultura della Camera dei Deputati 

Intervento alla Cerimonia d’inaugurazione della Campus Job Week

“Il mondo del lavoro sta cambiando e i percorsi formativi, scuole e università ne devono tenere conto. In Italia c’è però un problema culturale quando parliamo di scuola e mondo del lavoro, quasi ideologico. Quando si mettono insieme due concetti, scuola e lavoro si alza un muro. Non a caso l’Alternanza Scuola-Lavoro, che non era avviamento al lavoro, ma voleva aiutare i ragazzi nella conoscenza delle competenze, è stato smantellato in fretta e furia. E’ paradossale: abbiamo un 30% di disoccupazione giovanile, dato stabile negli ultimi anni, che sta crescendo, 2 milioni di Neet, ragazzi che non studiano, non lavorano e attendono non si sa bene che cosa, ragazzi che sono usciti dai percorsi di istruzione, abbiamo abbandoni scolastici alti al 14%, che si concentrano soprattutto nel biennio degli istituti professionali e paradossalmente abbiamo 40mila aziende che cercano professionalità, ma non le trovano. Il mondo della scuola si deve interrogare. Se questi due mondi non dialogano, e penso soprattutto agli istituti tecnici e professionali, ossia la parte della scuola più a contatto con il mondo del lavoro, non facciamo del bene ai ragazzi e non facciamo del bene al tessuto produttivo del Paese. Il tema è buttare giù questo muro.
Gli ITS, strumento giovanissimo in Italia perché i primi diplomati sono del 2010-11 (la Germania ha 70 anni di storia del terziario professionale non universitario, noi 10 anni) stanno dimostrando di funzionare molto bene. Laddove scuole e aziende, mondo dell’istruzione e università dialogano, e negli ITS il dialogo è quotidiano, i risultati si vedono perché quasi il 100% dei diplomati sono occupati. La media in questi 10 anni è tra l’80 e il 90% dei ragazzi di 21-22 anni che trovano un lavoro coerente con il titolo di studio e con buone prospettive di evoluzione lavorativa, con buoni contratti di lavoro.
Il tema vero è il dialogo tra scuola e lavoro, la vera battaglia che deve essere affrontata. Il che non vuol dire far venire meno il luogo del sapere, della conoscenza, che resta tale ed è fondamentale, ma insieme al sapere va affiancato il saper fare, insieme alla conoscenza affiancare le competenze per aiutare i ragazzi. Gli ITS funzionano perché sono corsi gestiti da fondazioni autonome all’interno delle quali ci sono scuole superiori, università o centri si ricerca, aziende e altri soggetti del territorio, dalle Camere di commercio ad associazioni varie. Funzionano perché il 50% delle docenze deve provenire dal mondo del lavoro e delle professioni. Funzionano perché almeno il 30% delle ore deve essere svolto in tirocinio formativo attivo, dentro le aziende. Funzionano perché c’è autonomia e perché c’è un monitoraggio centrale del ministero dell’Istruzione attraverso Indire. Il 30% delle risorse nazionali, finanziate dallo Stato e dalle regioni, non è a pioggia ma viene dato a seguito del monitoraggio: meno ragazzi abbandonano, più ragazzi si diplomano e trovano lavoro stabile e più soldi lo Stato dà. Non è un paradosso perché non sono percorsi obbligatori, ma devono essere finanziati perché danno opportunità al tessuto produttivo del Paese e soprattutto ai ragazzi.
Sono 110 le Fondazioni, in tutte le regioni d’Italia, sono circa 700 i corsi e a oggi sono 18mila i ragazzi iscritti a questi percorsi, 3mila le aziende a vario titolo all’interno delle fondazioni. La nuova norma è stata approvata alla Camera a fine luglio all’unanimità. Perché adesso serve una nuova norma? Nessuna rivoluzione, ma dopo 10 anni abbiamo sentito il dovere, insieme agli ITS, di dare una revisione. Innanzitutto il nome, che viene interpretato male, come una scuola secondaria. ITS Academy dà una visione nuova: post diploma professionalizzante non universitario. Aumentiamo l’autonomia perché più la fondazione è autonoma nelle scelte, più possibilità hanno i ragazzi di avere delle competenze che in quel momento preciso il mondo del lavoro richiede. Abbiamo migliorato il ruolo delle scuole, che erano viste come un attore non principale. Gli ITS funzionano se le scuole fanno orientamento serio all’interno dei loro percorsi. Abbiamo aumentato l’orientamento, pochi ragazzi e poche famiglie li conoscono. Facciamo una campagna di comunicazione come si deve. Abbiamo inserito il tema dell’accreditamento perché non si deve far perdere tempo a ragazzi e famiglie. Gli ITS devono avere certe caratteristiche, competenze, professionalità umane, curricula che possono consentire loro di partire. Abbiamo lavorato molto sulla spendibilità del titolo di studio, adesso gli ITS funzionano perché sono un cerchio chiuso: i ragazzi si diplomano e vanno a lavorare all’interno delle aziende che già fanno parte delle fondazioni. Se la volontà di tutti, a partire dal presidente Draghi, è quella di aumentare il numero dei corsisti da 18.000 a 100.000 occorre guardare non solo il cerchio delle aziende interne e quindi la spendibilità diventa fondamentale.
Una nota sulla quale dovrà lavorare attentamente il Senato, che ora sta esaminando la proposta di legge votata dalla Camera, è quella del rapporto con l’università: non ci deve essere concorrenza, gli ITS fanno il post diploma professionalizzante, l’università tutto il resto, ma questi 2 mondi devono dialogare. E’ paradossale che un ragazzo che abbia finito l’ITS e voglia proseguire, magari specializzandosi, con l’università spesso deve iniziare il percorso universitario quasi da zero o da zero.
Le fondazioni sono utili se non inseguono il mondo del lavoro che cambia, ma se lo seguono e lo accompagnano. Comprendere in questo momento storico per ogni singola fondazione ITS qual è l’esigenza del distretto industriale, della singola azienda, della singola regione, la necessità delle competenze e quindi poterla inserire immediatamente nel corso questa è fondamentale. Per questo c’è un Comitato tra vari ministeri gestito, dal ministero dell’Istruzione, che almeno una volta all’anno si deve riunire per decifrare quali saranno nell’anno seguente le nuove esigenze del mondo del lavoro. Questo genera la possibilità nei singoli ITS di virare, in tempo quasi reale, i propri corsi sulle nuove esigenze.  Ultimo punto: le tante risorse. PNRR: sul settore ITS l’Italia ha deciso di destinare 1 miliardo e mezzo in 5 anni. Un aumento vertiginoso, dai 50 milioni storici all’anno a 350 milioni. Immensa responsabilità di tutti noi, spendere bene questi soldi per patrimonializzare gli ITS esistenti che devono essere identificati con una struttura, un vero e proprio college, per laboratori 4.0 e seguenti, ma poi dobbiamo aumentare il numero degli iscritti. Invito le aziende e il mondo della produzione a farsi avanti: quello che ho visto, avendo assistito alla nascita degli ITS, è che funzionano se partono dal mondo del lavoro, dove c’è una necessità del mondo del lavoro, che sia una grande azienda o un distretto, laddove invece nascono da alte esigenze (magari di campanile) questi quasi sempre sono destinati a fallire. Non ce lo possiamo permettere.
Gabriele Toccafondi, sottosegretario all’Istruzione fino al 2018, deputato, relatore in Commissione Cultura alla Camera del testo della riforma degli ITS.
Testo raccolto da Sabrina Miglio