“Gestire un miliardo e mezzo in cinque anni, aumentare gli iscritti da 20 a 100mila e alzare ancor di più l’asticella della qualità”.

Gli obiettivi della Riforma degli ITS nelle parole del relatore Gabriele Toccafondi

 

La riforma riguardante gli ITS, gli Istituti tecnici superiori, è legge. L’approvazione è avvenuta lo scorso 12 luglio con 387 voti a favore, nessun contrario e 6 astenuti. Un successo, arrivato al termine di un lungo percorso. Nati nel 2010, come formazione terziaria, post diploma ma non universitaria, gli ITS hanno visto una crescita esponenziale, in particolare a partire dal 2018. Fino ad arrivare alle oltre 100 fondazioni attualmente esistenti in tutta Italia. Della riforma (nello schema i punti principali) parliamo con Gabriele Toccafondi, relatore della legge in Commissione Cultura alla Camera e già sottosegretario al Miur.
  • Onorevole Toccafondi, ci può raccontare, lei che ne è stato il relatore alla Camera, il percorso e soprattutto la ragione di una riforma degli Istituti tecnici superiori
Chi legge la norma approvata in via definitiva capisce che non si tratta di una rivoluzione, ma di una revisione, che ha un obiettivo chiaro: creare le condizioni per aumentare allievi e corsi. Una rivoluzione, peraltro, non serviva, perché gli ITS già funzionavano. Guardiamo i dati: corsi di due anni, post diploma, frequentati da ragazzi di 22-23 anni. Oltre 20.000 iscritti, 102 fondazioni, 700 corsi attivi, e l’80% trova lavoro subito. Perché quindi una legge? Perché arrivano 1,5 miliardi in cinque anni, le risorse aumentano del 300% ogni anno, gli iscritti devono passare da 20 a 100 mila, e non deve diminuire la qualità dei percorsi. Questo il motivo di una revisione normativa di cui sono, e dobbiamo essere, molto orgogliosi. Questa è la prima riforma del PNRR del settore Istruzione e viene approvata attraverso una legge di iniziativa parlamentare e all’unanimità. Per chi conosce le dinamiche parlamentari, due caratteristiche non comuni e – soprattutto la prima – dal forte valore politico. A me dispiace solo ricordare che in alcuni momenti era il Ministero dell’Istruzione a non dare risposte, a lasciare i parlamentari a discutere con altri ministeri, una situazione ai limiti del paradosso, ma adesso guardiamo avanti.
  • Che cosa cambierà in concreto per gli ITS?
Con la legge appena votata abbiamo inserito criteri stringenti per ottenere l’accreditamento e soprattutto per non perderlo. A questo scopo abbiamo rafforzato il monitoraggio nazionale e confermato che il 30% delle risorse sarà premiale. Le Fondazioni che non funzionano avranno meno risorse e potranno perdere l’accreditamento. Le Regioni dovranno rispondere di eventuali scelte sbagliate. Gli ITS Academy (nuova denominazione dei percorsi, ndr) devono nascere dove il mondo del lavoro “cerca ma non trova”, non devono nascere con logiche di “campanile”. Abbiamo rafforzato i punti che riguardano l’autonomia da una parte e i controlli dall’altra, gli ITS hanno ottimi risultati perché le docenze provenienti dal mondo del lavoro sono alte e le abbiamo aumentate, perché il tirocinio formativo è svolto per molte ore, e lo abbiamo aumentato. Abbiamo migliorato sia il “riconoscimento” che la “spendibilità” del titolo di studio. Adesso la responsabilità è in capo alle Regioni e al Ministero dell’Istruzione.
  • Quali saranno i prossimi passi per rendere la riforma operativa? Potrà esserlo prima dell’avvio del nuovo anno accademico?
La legge c’è ed è definitiva. Con dispiacere devo constatare che è una delle ultime leggi che ha approvato questo Parlamento ed è il segno che se uniti intorno a Mario Draghi potevamo fare del bene per il Paese. Invece populisti e sovranisti hanno deciso di aprire una crisi politica in un periodo molto complicato. Adesso il Ministero deve fare alcuni decreti per attuare la legge, molti di questi insieme alle Regioni. Non possiamo e non dobbiamo perdere tempo e sui decreti si misurerà la reale volontà di aiutare gli ITS Academy, il sistema produttivo del Paese e soprattutto migliaia di ragazzi a formarsi e a trovare lavoro nell’ambito nel quale si sono formati.
  • Da questi cambiamenti, quali saranno i benefici da un lato per il sistema Paese (in termini di filiera formazione-lavoro) e dall’altro per gli studenti?
Abbiamo più di 2 milioni di Neet, giovani che non studiano né lavorano, disoccupazione giovanile altissima, abbandoni scolastici preoccupanti e soprattutto concentrati nel biennio degli istituti professionali. A fronte di questo, e paradossalmente, 40mila aziende cercano ma non trovano. Perché mancano le competenze. Se gli ITS funzionano e aumentano numeri, a beneficiarne saranno il tessuto produttivo del Paese e i ragazzi. Solo una sterile ideologia che continua ad alzare muri tra mondo della formazione dell’istruzione e delle professioni e del lavoro non capisce che così non si aiuta nessuno.
  • Si punta ad aumentare esponenzialmente il numero degli iscritti, ancora troppo pochi se si fa un confronto con le realtà parallele all’estero, in Germania o in Francia. In che modo si cercherà di allargare la platea degli studenti? Tramite l’espansione dell’offerta? Più Fondazioni, più percorsi o entrambe le cose?
Aumentare i numeri è doveroso, obbligatorio. Questo va fatto non diminuendo la qualità dei percorsi e non scendendo da quel dato: 80% dei diplomati che lavora subito. Un punto che la legge indica come prioritario è quello di migliorare e investire in comunicazione e orientamento. È paradossale che questi percorsi post diploma funzionino benissimo ma alle selezioni si iscrivano in pochissimi. Dobbiamo infine fare attenzione, ed è un appello che va fatto alle Regioni, affinché non aumentino troppo le Fondazioni, ma soprattutto i corsi, affidandosi a chi in questi anni ha dimostrato serietà nei confronti dei ragazzi, aprendo a nuovi soggetti solo se altamente qualificati e con un legame reale con il tessuto produttivo e la vocazione del territorio.
  • Le aree tecnologiche entro le quali si sviluppano i percorsi rimarranno quelle già definite (attualmente 6) o è previsto un ampliamento degli scenari?
Una legge è una fotografia di un momento, una polaroid. Il mondo del lavoro è in un movimento continuo, un film. La legge indica un percorso e dà alcune indicazioni, ma poi lascia ampio spazio e autonomia agli ITS e ai ministeri che in una cabina di regia indicheranno quali settori sono carenti di lavoratori e quali le competenze che si richiedono.
  • Quali saranno gli indicatori di qualità dei percorsi ITS? Importanti, in particolare, se parte delle risorse sarà premiale, cioè data su precisa rispondenza a determinati parametri.
La premialità è fondamentale. Il 30% delle risorse non va a pioggia ma ai più bravi. Più ragazzi si diplomano e trovano lavoro coerente con il percorso fatto, più arrivano risorse per fare altri corsi. Questo percorso è confermato e migliorato. Qualcuno storce la bocca, ma questi percorsi sono un post diploma, non ci possiamo permettere di fare perdere soldi al Paese e tempo ai ragazzi. Se funzionano confermiamo, anzi raddoppiamo. Se non funzionano si devono chiudere.
  • Sul piatto il PNRR ha messo, se non sbaglio, 1,5 miliardi di euro. Come e dove dovrebbero essere spesi per dare piena e corretta attuazione alla riforma? Perché non rimanga sulla carta, in sintesi…
Confermo. Una cifra molto importante che Mario Draghi ha voluto così ingente. Queste risorse sono vincolate a livello PNRR per aumentare corsi e allievi. La legge va in questa direzione. Regioni e Ministero adesso hanno delle decisioni da prendere molto importanti. È interesse anche delle Regioni spenderli bene perché se i partecipanti aumenteranno e gli standard resteranno quelli che abbiamo detto, terminato tra cinque anni l’investimento del PNRR, anche il fondo ordinario dovrà essere incrementato.
  • Che cosa risponde a chi teme un modello di formazione subordinata alle realtà produttive, di fatto al servizio di privati? E a chi teme che le singole Regioni faranno a gara per avere più ITS in una logica, per così dire, “campanilistica” o comunque per dare forza e voce al proprio territorio?
Da 60 anni in Italia quando si parla di istruzione, formazione e lavoro si alzano muri enormi. Poi abbiamo dati sui giovani disarmanti. È venuto il momento di essere riformisti e non ideologici. Gli ITS ci dimostrano che quando c’è dialogo tra istruzione e lavoro, arrivano molte possibilità per i ragazzi. Sulle Regioni sono preoccupato, perché le notizie di questi mesi ci dicono che in molte Regioni aumentano le Fondazioni e non i corsi. È preoccupante, e il ministero non dice niente. Ho detto prima quali devono essere i criteri, spero che Viale Trastevere li faccia valere là dove dovessero prevalere interessi localistici e di consenso sul breve periodo.
  • Quale sarà il rapporto tra ITS e università? Qualcuno lamentava una scarsa linea di continuità fra le due formazioni… è un problema che andrà a risolversi?
In Italia il 40% dei diplomati si iscrive ai percorsi post diploma, università e ITS. Dei diplomati dei professionali, solo il 10%, poco superiore il dato dei diplomati ai tecnici. Di coloro che si iscrivono alle università, solo 40 su 100 terminano con la laurea Noi con questi dati, molto preoccupanti, qualche anno fa abbiamo visto un dibattito surreale, di scontro aperto tra atenei e ITS. Io invece dico: c’è una prateria, c’è spazio per tutti, basta che si punti alla qualità perché i ragazzi hanno bisogno di conoscenze e competenze, servono percorsi seri e maestri all’altezza.

Che cosa cambia con la Riforma

La riforma degli ITS approvata, dalla Camera in terza lettura, prevede una serie di novità, tra le quali:
  • il cambio di nome: gli ITS diventano ITS Academy, Istituti Tecnologici Superiori (cosa che eviterà la confusioni con gli Istituti tecnici, gli Itis per intenderci).
  • i percorsi formativi saranno suddivisi in due livelli (quinto livello di durata biennale e sesto livello, di durata triennale), a seconda del quadro europeo delle qualifiche. I diplomi ottenuti sono validi per l’accesso ai pubblici concorsi.
  • L’attività formativa sarà svolta, per almeno il 60% del monte ore, da docenti provenienti dal mondo del lavoro.
  • Stage aziendali e tirocini formativi, obbligatori per il 35% del monte ore, potranno essere svolti anche all’estero.
  • Si arricchiscono i percorsi di studio con particolare attenzione alle principali sfide e lineee di sviluppo attuali (transizione ecologica e digitale, nuove tecnologie per il made in Italy, mobilità sostenibile, turismo, beni artistici e culturali).
  • Cambia la governance, che sarà composta da una scuola secondaria di secondo grado, una struttura formativa accreditata dalla Regione, un ateneo, una o più aziende che ne avranno la presidenza. I soggetti fondatori devono possedere esperienza nel campo dell’innovazione.
  • Nascono le reti di coordinamento di settore e territoriali per favorire la condivisione di laboratori e gemellaggi.