Orientamento alla scuola significa orientamento al lavoro

Campus Giovani – Job week – Il Salone del Lavoro e delle Professioni 

La quarta edizione della Job Week Il Salone del Lavoro e delle Professioni, un evento digitale, in programma dal 14 al 16 dicembre, sul sito www.salonedellostudente.it, è stato preceduto e inaugurato da una puntata della trasmissione televisiva Campus Giovani in onda su Class Cnbc. La Job Week, completamente dedicata al lavoro e a tutte le sue declinazioni, è un appuntamento molto sentito dai giovani (circa 560mila i ragazzi che hanno seguito le tre edizioni precedenti) ed è un’occasione per fare il punto sul lavoro come condizione finale di sbocco del percorso formativo. Uno snodo fondamentale questo per le attività di Campus, dai Saloni dello Studente alla Job Week stessa agli incontri con le scuole. Perché orientamento alla scuola significa anche e soprattutto orientamento al lavoro. Domenico Ioppolo, amministratore delegato di Campus Editori, ha condotto la trasmissione e ne ha parlato con Marco Zanardi, presidente di Retail Institute Italy, Vittorio Sorge, vicedirettore generale della Banca popolare di Puglia e Basilicata, Fabrizio Bontempo, presidente dell’Associazione Nazionale Giovani Consulenti del Lavoro, Mariolina Ciarnella, presidente di Irase Nazionale e Alessandro Bertini, presidente e direttore dell’Istituto Modartech di Pontedera.
“La Job Week”, come ha ricordato Domenico Ioppolo, “è un modo per stare vicini ai ragazzi in un momento importante della loro vita e della loro formazione. Momento fondamentale perché il mondo sta cambiando, lo scenario internazionale nel quale i giovani andranno a operare sta evolvendo molto rapidamente. Per questo è importante, già nel percorso di studi, parlare di lavoro, delle professioni, nuove e vecchie, di come formarsi al lavoro, di come atteggiarsi nei confronti del lavoro. Diventa cioè importante costruire una cultura del lavoro e dei mestieri. Il sistema scolastico italiano si distingue per la sua separatezza dal mondo del lavoro, in altre nazioni le aziende sono più vicine alle scuole e questo si ripercuote inevitabilmente sugli sbocchi professionali. La Job Week contribuisce ad aiutare i giovani e le famiglie a entrare all’interno di questa realtà, colmare il gap per cui la formazione sembra altra cosa rispetto all’attività formativa, quando in realtà c’è una forte continuità”.

IL RUOLO DEL RETAIL
Retail Institute Italy, che aggrega quasi tutte le strutture del retail italiano, è un partner che ci ha accompagnato in tutte le quattro edizioni della Job Week. Come mai il mondo del retail si è dimostrato così sensibile e ha percepito fin da subito l’importanza di parlare ai giovani?

Zanardi: “Il retail è un’industria molto importante, basti pensare che se il fatturato del mondo è di 94 US trillion dollars, il retail contribuisce per 27 US trillion dollars, in Italia significa 542 miliardi di euro su un Pil di 1.800. Per noi è fondamentale parlare con i ragazzi perché i giovani sono l’anima della retail industry. Per questo abbiamo abbracciato fin dall’inizio il progetto della Job Week, ci interessa moltissimo il contatto con i giovani. Retail può voler dire un ventaglio di occupazioni molto ampio: si va dal caporeparto al direttore generale, si può lavorare nella logistica come nell’amministrazione, occuparsi di risorse umane o di marketing. È un mondo che si compone di molti spazi intrecciati tra loro sia nel mondo fisico, materico, sia in quello digitale, pensiamo, per esempio, alla realtà dell’e-commerce che ha raggiunto una quota di mercato interessante. Ciò che voglio dire è che per i giovani il retail è un ambiente dinamico, un’industria che accoglie l’innovazione declinata nelle forme della sostenibilità, del digitale, dei nuovi modi di operare. È un mondo che vede una continua innovazione, quella che si definisce life long learning, ossia la capacità di continuare a formarsi anche dopo il percorso scolastico. Un esempio? La nascita del Metaverso e quello che, di conseguenza, potrà essere il Metaretail. La nostra è un’industria che può suscitare grande curiosità perché siamo un sistema di sistemi, un sistema integrato. Chi lavora con noi deve essere aperto a conoscenze internazionali, desideroso di migliorarsi nella conoscenza delle lingue e dell’informatica, avere una grande voglia di imparare, di lavorare in team, ponendo sempre una forte attenzione al cliente finale. La nostra è una società customer centered, con la presenza di sei generazioni sul mercato, ognuna con profili di comportamento diversi. Analizzare questo mondo e conoscerlo può suscitare una curiosità positiva nei ragazzi”.

 

LE NUOVE PROFESSIONI IN BANCA
Anche Banca Popolare di Puglia e Basilicata è una presenza costante nelle iniziative di Campus. Perché ritenete che sia utile parlare ai giovani di lavoro?

Sorge: “Noi siamo da un lato un’istituzione finanziaria che ha interesse a rinnovarsi e ad assumere i migliori talenti, dall’altro siamo un’azienda che lavora per la crescita del territorio. Negli anni la banca è sempre stata impegnata ad aiutare la formazione dei giovani sia con la partecipazione al programma Feduf (Fondazione per l’Educazione finanziaria e al Risparmio, ndr) sia supportando iniziative come il Salone dello Studente e la Job Week. Da quattro anni, inoltre, abbiamo una collaborazione con la Libera Università Mediterranea Lum con un master di primo e secondo livello in cui insegnano direttamente dipendenti che lavorano in banca, esperti di bilanci, di marketing, di controlli. Rendiamo disponibili a ragazzi appena usciti dal corso di laurea numerosi stage perché pensiamo al rinnovamento: nel piano strategico 2021-24 la banca ha definito un piano di ricambio generazionale che porterà, nel nostro piccolo, a 50 nuove assunzioni nel triennio. Tra il 2010 e il 2020 tante figure progressivamente sono venute meno, in parte perché il digitale ha sostituito l’operatività di sportello e in parte perché l’Intelligenza artificiale svolge operazioni prima a carico dall’uomo. Fino a qualche anno fa, infatti, non era chiarissimo quali fossero le professioni del futuro, oggi lo possiamo dire con una certa dose di sicurezza: i risk manager (coloro che si occupano della gestione dei rischi), gli esperti in auditing (coloro che si occupano di controlli), gli esperti di marketing digitale, gli esperti in informatica dedicata al digitale, gli esperti di cyber security. Aggiungo, tra le nuove competenze e i nuovi profili, un rinnovato approccio al front-end, al cliente. Non più consulenti, bensì gestori di relazioni, anche nel digitale perché si va sempre più verso la gestione a distanza. Le generazioni più giovani vorranno dialogare con il proprio referente bancario nel Metaverso. In questo momento le opportunità, nel mio ambito, sono molto più chiare e accattivanti rispetto a dieci anni fa quando chi si approcciava al lavoro in banca lo faceva usando vecchi paradigmi. Oggi ci sono chiavi diverse, fortemente proiettate al futuro”.

 

COSTRUIRE UNA CULTURA DEL LAVORO
Dottor Bontempo, lei è il presidente dell’Associazione nazionale Giovani Consulenti del Lavoro, una delle istituzioni che più hanno collaborato con Campus per porre al centro il mondo del lavoro e le conoscenze che i ragazzi devono avere per poter accedere in maniera responsabile alle professioni. Qual è il suo messaggio?

Bontempo: “L’orientamento è uno strumento che permette ai ragazzi di poter fare una scelta consapevole per trovare lavoro al termine del proprio percorso formativo. Ed è ciò che facciamo. Per comunicare con i giovani bisogna però usare un certo tipo di linguaggio, che noi abbiamo individuato in Generazione legalità, un gioco, portato anche nelle scuole, che diventa un ponte tra studenti e mondo del lavoro. Grazie a questo game, permettiamo agli studenti di capire quali sono i diritti e i doveri del lavoratore e del datore di lavoro, di capire le offerte che il mondo del lavoro fornisce e cerchiamo di trasmettere informazioni sulla nostra professione. Tramite questi incontri consentiamo ai giovani di apprendere i mestieri perché a volte i ragazzi non hanno contezza di tutte le possibilità che il mondo del lavoro offre. A nostro avviso, è importante che i ragazzi possano contare non solo su una formazione scolastica, ma su una formazione continua perché il mondo del lavoro muta in continuazione. Ci vuole cultura del lavoro per essere pronti al mercato. Oggi le aziende hanno bisogno di inserire personale già formato. Secondo i nostri studi chi inizia a lavorare oggi cambierà posto di lavoro almeno 15 volte nell’arco della propria vita lavorativa, per questo la formazione continua diventa un fattore fondamentale”.

COME CAMBIA IL RUOLO DEL DOCENTE
Parliamo di innovazione e di nuovi modi di trasmettere la cultura del lavoro. Un compito che spetta innanzitutto a figure tradizionali quali sono i professori. Spetta a loro, in primis, fare orientamento. Se parliamo di orientamento al lavoro, anche il ruolo del professore cambia. In che modo?

Ciarnella: “L’Irase è un Istituto di ricerca e di formazione per i docenti, dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di secondo grado. Gli insegnanti possono parlare di orientamento al lavoro anche attraverso le discipline. Il Covid ha dato un’accelerazione sulla necessità di imparare il pensiero digitale, ma ci dobbiamo soffermare su tutto quello che i docenti devono utilizzare per orientare gli studenti al lavoro. Oltre a sviluppare le competenze richieste, il docente deve svolgere una didattica orientativa, che metta al centro gli obiettivi di apprendimento, espressi in termini di competenze, pensando ai bisogni dell’alunno. In altre parole, si deve andare verso una didattica che tenga conto delle necessità orientative, quindi le competenze di scelta, di selezione, di autodirezione, progettuali, di ricerca. L’obiettivo della scuola diventa così l’empowerment, il giovane deve essere aiutato a diventare padrone della propria vita e delle proprie scelte. Partendo da un’antropologia positiva: tutte le persone hanno risorse per costruire competenze e per esercitare un controllo attivo sulla propria esistenza e sui processi di sviluppo. L’insegnante deve saper utilizzare metodologie didattiche che consentano ai ragazzi di costruirsi competenze orientative generali, individuare le risorse di cui sono portatori e conoscere (e far riconoscere) le competenze man mano che si acquisiscono nel corso dei vari gradi di scuola. Questo comporta anche l’utilizzo di procedure di negoziazione, problematizzazione e co-costruzione. Le discipline servono quindi come lenti di ingrandimento per guardare il mondo. La didattica orientativa è tesa a costruire e potenziare le risorse della singola persona in apprendimento, deve essere però supportata da un progetto dettagliato del processo di apprendimento, che parte anche dall’esplicitazione delle competenze in uscita a cui si tende. Deve essere una didattica intenzionale, partecipata, operativa, progettuale, realistica, pragmatica e spendibile”.

 

L’ALTA FORMAZIONE DELLE ACCADEMIE
Quando si parla di formazione terziaria, il pensiero corre alle università. In realtà, una parte importante dello studio di alta formazione lo giocano le accademie, soprattutto in alcuni settori, come food, creatività e fashion, settori nei quali le nostre scuole sono le più blasonate a livello mondiale. In che cosa il vostro modello formativo si differenzia da quello tradizionale e perché ne rappresenta un’innovazione?
Bertini: “I nostri modelli formativi innovativi sono legati anche al concetto del saper fare. In Toscana siamo fortemente connessi ai principali distretti della moda, per questo risulta più facile creare quella connessione tra ricerca, alta formazione e impresa che rappresenta il successo di una realtà formativa. Abbiamo coinvolto le imprese nella didattica e siamo riusciti a far sì che il progetto fosse la parte centrale di questo tipo di formazione che deve essere sempre più esperienziale. I giovani vanno formati per essere pronti a entrare nelle imprese, per questo abbiamo creato una collaborazione sistemica tra i distretti toscani. Una sinergia che ci permette di anticipare, tendenzialmente, le figure professionali, le richieste del mercato, le nuove tecnologie. Cercando, nel contempo, di far diventare l’Istituto un punto di riferimento attraverso il quale anche le imprese possano sperimentare. I ragazzi devono formarsi in un ambiente giovane, contemporaneo e portatore di valori. Da anni noi lavoriamo su inclusione, sostenibilità, diversità, tecnologia unita a craftsmanship e su tutti questi temi i nostri giovani elaborano tesi e progetti. L’obiettivo è quello di fare uscire figure con capacità e competenze al passo con i tempi, in modo che le imprese possano investire subito su di loro.