Gabriele Ziantoni, New Sound Level: “Una radio per dar voce agli studenti”

Il direttore artistico della radio romana nata nell’estate 2021 spiega i progetti di un’emittente che, da quest’anno, segue tutte le tappe dei Saloni dello Studente di Campus. E anticipa gli ambiziosi progetti per il 2023
Gabriele Ziantoni ha fondato l’emittente New Sound Level nell’estate 2021 e dal 2022 segue tutte le tappe del Salone dello Studente di Campus. Per il futuro punta a coprire tutti gli ambiti dell’informazione, ma sempre con un occhio di riguardo ai giovanissimi e all’intera filiera della formazione, dalla scuola all’università, all’impresa. Con l’Università Roma Tre ha appena attivato corsi per gli iscritti dell’ateneo romano e, per il 2023, punta al salto di qualità: fare dell’emittente romana una radio generalista a vocazione nazionale, ma sempre con uno sguardo dettagliato alle nicchie e ai target attuali. Con i podcast e la cooperazione con gli universitari al centro del suo piano di sviluppo. A Campus Magazine, il giovane imprenditore spiega la nascita e l’evoluzione della radio, la collaborazione con il Salone dello Studente e i progetti per il futuro.
Gabriele, anzitutto, ci racconta il suo background?
Mi definisco un fashion manager: termine con cui riassumo il ruolo di direttore artistico e di amministratore. Provengo da radio sportive: sono stato a lungo radiocronista ufficiale della Roma, voce dello Stadio Olimpico per l’under 21, speaker di Radio Rock e Radio Italia. Mi sono dedicato anche all’enogastronomia in una rivista internazionale e, naturalmente, alla musica, che nella playlist di una radio occupa sempre il primo posto. Lavoro nel mondo delle radio da quando avevo 15 anni e mi sono avvicinato al giornalismo vero e proprio a 21, età dalla quale ho vissuto saltuariamente anche esperienze di scrittore. Insomma, nella comunicazione ho fatto un po’ di tutto, però mai avrei pensato di arrivare a fare persino l’imprenditore.
Il progetto radiofonico New Sound Level com’è nato?
Era da un po’ che pensavo a un’idea di questo tipo. Ho cercato di offrire un prodotto che a Roma sembrava mancare: negli ultimi due decenni, con le vittorie dello scudetto di Roma nel 1999 e Lazio nel 2000, la richiesta di calcio fra le radio cittadine è andata crescendo. Ora che sono passati diversi anni, si avverte la necessità di format diversi: i ragazzi trovano per esempio molto interessanti i podcast tematici. L’occasione è arrivata con l’incontro dell’editore Nicola Caprera: un paio d’anni fa abbiamo messo nero su bianco l’idea e dall’agosto 2021 siamo partiti con la messa in onda.
Siete nati insomma tra le due fasi della pandemia: il covid per la radio è stata più una difficoltà o un’occasione per mettere a punto nuove idee?
Quando è scoppiata la diffusione del virus ero a Radio Italia, ho intervistato tanti artisti in quel periodo, quella che più mi ha toccato è stata con il cantante dei Pinguini Tattici Nucleari perché era a Bergamo e i medici dell’Ospedale Gemelli ci ringraziarono per la compagnia. Ci ha permesso di avere il tempo di pensare a cose diverse. Ha cresciuto l’audience, lanciato il podcast e abbassato i prezzi delle frequenze. Per noi è stata l’occasione per concretizzare un progetto nato nel 2018, coltivato nel 2020 e realizzato nel 2021 proprio subito dopo i mesi dell’emergenza.
Che ruolo hanno i giovani nella vostra emittente?
Non sono solo utenti ma anche autori: in redazione sono circondato da ragazzi giovani e giovanissimi. Federica e Manuela, i miei bracci destro e sinistro, non hanno neppure 30 anni. Abbiamo persino una 16enne, Martina Miceli, che conduce, aiutata dai più esperti, il programma Lei non sa chi sono io, in onda tutti i sabati alle 14: in ogni puntata intervista una figura professionale diversa, dall’insegnante al pianista, dall’hostess al cuoco, e con la sua spontaneità da teenager cerca di far comprendere ai coetanei il lavoro che svolge la persona ospite in studio e la formazione che occorre per seguirne le orme. Abbiamo altre due iscritti al liceo, Giampiero Perrone e Riccardo Cicerchia, che collaborano ai programmi sportivi: scrivono testi, registrano e montano clip in cui, in 90 secondi, analizzano le statistiche delle partite di calcio, con l’agilità che è propria delle loro generazioni. In redazione imparano il linguaggio giornalistico e radiofonico, l’uso e l’impostazione della voce e del diaframma. E seguono l’intera filiera dei podcast: dall’ideazione alla registrazione, dal montaggio al confezionamento finale.
Emblematica la storia della sua principale collaboratrice…
Federica Fiordalice, la nostra tuttofare: quando è arrivata le ho detto che qui non avevo i soldi per pagarla. Lei non si è data per vinta e ha cominciato come i gatti a girare tutti gli spazi della radio, scoprendo che con la volontà e la creatività c’è spazio per ogni tipo di idea. Tanto che adesso è diventata indispensabile. Spesso le nuove idee trovano accoglienza, se non nella forma originaria, almeno attraverso una rimodulazione per poterle realizzare in concreto.
Siete aperti a nuovi collaboratori?
Certo, c’è sempre spazio, valutiamo nuove collaborazioni e anche proposte di nuovi format. Basta scriverci a redazione@newsoundlevel.it e farsi un’idea della nostra realtà al sito www.newsoundlevel.it
Con i giovani sviluppate progetti anche tramite le università?
Abbiamo appena avviato una collaborazione con l’Università Roma Tre per realizzare 3 corsi per 20 partecipanti ciascuno. Da questo mese gli universitari vengono nei nostri studi e seguono una formazione completa sul lavoro radiofonico, dagli aspetti teorici a quelli pratici, dalla deontologia alla scrittura giornalistica, sino gli aspetti tecnici come l’utilizzo dei mixer, la realizzazione di playlist, lo studio dei personaggi, la preparazione di un’intervista. I corsi valgono loro crediti formativi riconosciuti dall’ateneo.
E con l’università realizzate anche programmi radiofonici…
Dallo scorso anno, sempre in collaborazione con l’ateneo Roma Tre, mandiamo in onda una trasmissione che si intitola Paper Place, condotta il venerdì da 2 giovani, Francesco Collacchi e Mattia Della Rocca: il primo è un libraio, il secondo un giovane docente di Roma Tre e ogni settimana approfondiscono un tema di ampio respiro: dalla giornata della sanità mentale alle fiere del libro.
Uno dei vostri programmi, I Visionari, dà voce a imprenditori e liberi professionisti: vuole essere uno spunto anche per il futuro degli studenti?
È uno spazio di un’ora, pensato sulla falsariga del format Il senso della vita di Paolo Bonolis, dove chiunque ha un progetto o un’idea, un libro o una mostra da proporre può venire in studio e portare la propria playlist con cui raccontare l’esperienza. Anch’io sono stato ospite di una delle prime puntate, intervistato come neoimprenditore radiofonico.
Nella vostra radio i podcast hanno un posto prioritario, come mai?
Perché in pochi anni è cambiato il modo di seguire gli eventi, in radio così come in Tv: siamo passati dai palinsesti rigidi a quelli on-demand. Tanto che oggi i podcast sono i prodotti più seguiti perché fruibili in base alle agende quotidiane di ognuno: sono ormai moltissimi gli ascoltatori che recuperano le trasmissioni quando sono in treno o in macchina in mezzo al traffico. Diretta e podcast sono per noi ormai due mondi complementari: il secondo non ha l’interattività del live, ma ha il potere della fruibilità. Il primo ha il “il bello della diretta”, il privilegio dell’emozione degli eventi, ma rispetto agli anni scorsi interagisce con il pubblico in modo diverso: siamo passati dalle telefonate in diretta ai messaggi whatsapp e vocali, in linea con la fluidità e la rapidità della nostra epoca.
La radio, più della Tv, è quindi un mezzo “sintonizzato” con la velocità dei nostri tempi?
Anni fa la radio era spesso una scusa per farsi compagnia, specie coi programmi serali e notturni, in cui veniva “ascoltata” e non solo “sentita” in sottofondo come spesso avviene di giorno. Oggi è un mezzo che si adatta agilmente a diversi stili di vita e quindi a differenti modalità di fruizione. Rispetto alla Tv, la radio consente di realizzare programmi di qualità anche senza mezzi straordinari: con un buon mixer, microfono e speaker puoi fare trasmissioni con la stessa qualità di una radio mainstream nazionale. Con la Tv questo non funziona: devi avere un buon archivio di repertorio, mezzi tecnici di alto livello, eccetera. Oggi le radio private riescono a fatturare cifre importanti e con una buona base di sponsor – noi siamo sui 500/600 mila euro l’anno – le Tv locali invece stanno calando: dopo i 9 canali dei pulsanti del telecomando i ragazzi passano a Netflix, Youtube e al web in generale.
La radio è un uditorio e quindi anche un ‘osservatorio’ sui giovani: che idea si è fatto delle nuove generazioni?
Sono innamorato dei nuovi ventenni, ne vedo e ascolto tanti. La mia generazione è cresciuta negli anni ’80 e ’90 in cui i nostri genitori ci hanno fatto credere di essere nel miglior mondo possibile, ci hanno convinto che studiando avremmo raggiunto tutto ciò che volevamo, aspettative che perlopiù non si sono realizzate o verificate. I ragazzi di oggi mi sembrano più centrati sulla realtà.
Da quest’anno partecipate ai Saloni dello Studente di Campus: come si articola la vostra presenza e come trovate questa esperienza?
La collaborazione nasce dalla proposta di una delle giovani della nostra radio, Federica, e scaturisce dalla nostra predisposizione a partecipare agli eventi, a stare in mezzo alla gente: vogliamo essere per tutti e alla portata di tutti. La copertura degli eventi di orientamento di Campus prevede sia momenti in diretta nel programma “Gli inascoltabili” – in cui diamo voce non solo gli organizzatori ma anche ai ragazzi – sia podcast riassuntivi dei vari momenti della manifestazione.
Gli inascoltabili è un format dal titolo provocatorio: come mai questa scelta?
Perché nasciamo come radio per gli inascoltabili: Nicola Caprera, il nostro editore, dice che siamo nel Paese in cui, se a qualcuno è vietato fare qualcosa, è il momento in cui quella cosa la realizzerà per davvero. Per questo ci siamo detti: “Se siamo inascoltabili, allora qualcuno ci ascolterà”. E così è avvenuto. Un’altra nostra rubrica si intitola “Gli insostenibili”. Perché vogliamo essere un’emittente fatta da tutti e per tutti, anche quelli meno raggiunti dal mondo radiofonico. E trasversali contenutisticamente, dalla musica alla politica.
Con tutte le piattaforme che usate, app, dab, web, possiamo definirvi una radio “fisica”?
Cerchiamo di essere al passo con i tempi, senza dimenticare da dove veniamo. Vogliamo aprirci al mondo, non essere catalogati fra quelle radio arroccate e chiuse nei propri studi di registrazione. Per esempio, nel programma Fresh: ospitiamo gruppi emergenti non ancora trasmessi dall’etere, mentre tutti i giorni alle 13 mandiamo in onda la trasmissione Shazam con l’idea di shazammare, ovvero far conoscere, la musica meno nota.
Per una realtà così giovane è inevitabile concludere guardando al futuro: che cos’avete in serbo per il 2023 e per gli anni a venire?
Il nostro obiettivo, sin da quando siamo partiti, è diventare una radio più abbordabile e simpatica possibile, guardando però anche a esempi nazionali più “seriosi”. Il nostro modello è Radio 24: vorremmo raggiungere competenza e trasversalità di un’emittente che sia specialistica e generalista insieme. Con rassegna stampa, Tg e tutti quei programmi di una radio mainstream. In secondo luogo, vorremmo ampliare l’area dei podcast sino a farla diventare un pilastro parallelo alla radio. E infine sbarcare su twitch per diventare sempre più multimediali.

 

Di Ottaviano Nenti