Jobiri, il consulente di carriera digitale che ti aiuta a trovare un lavoro

Claudio Sponchioni, cofounder della startup, racconta quali sono le strategie migliori per iniziare a costruirsi una carriera.

 

Si sente spesso parlare di job advisor, di career coaching e di consulenti di carriera digitali. In pratica, tutor che insegnano ai giovani laureati come presentarsi al mondo del lavoro. A partire dalla scrittura del cv, della lettera di presentazione, dell’allenamento ai colloqui. Ma non solo, perché cercare un lavoro significa anche sapersi districare tra la complessa realtà degli annunci e fare un grosso lavoro su se stessi. Come insegna Claudio Sponchioni, cofounder di Jobiri www.jobiri.com, piattaforma di consulenza di carriera digitale intelligente. Da tempo Jobiri partecipa alle iniziative di Campus, come i Saloni dello Studente. Abbiamo chiesto a lui dove sta andando il mercato del lavoro e perché è importante affidarsi alla figura del digital career advisor.
Da tempo ormai Jobiri collabora con Campus e partecipa ai Saloni dello Studente. Che cosa rappresenta per voi questa partnership?
La collaborazione con il Salone è per noi un onore perché si tratta di una realtà storica che incontra ogni anno migliaia di studenti. Tantissimi giovani incontrati nei vari Saloni poi si sono avvalsi dei nostri servizi, numeri che non saremmo mai riusciti a intercettare. Poter affiancare il nostro servizio a una realtà così prestigiosa ci permette di ampliare il nostro messaggio. Che è positivo, le opportunità di lavoro ci sono, basta imparare a cercare l’occasione giusta presentandosi nel migliore di modi.
Quando e come nasce Jobiri?
Jobiri nasce a fine 2017. Io lavoravo nel mondo delle risorse umane e in particolare su un progetto attinente le politiche attive, cioè attività finanziate dalle istituzioni pubbliche per aiutare i giovani a inserirsi nel mercato del lavoro. Vedendo i modelli operativi di tante realtà ho colto che c’erano processi con grandissimi margini di miglioramento, in particolare dal punto di vista della digitalizzazione. Faccio un esempio: un operatore che si occupa di supporto alla carriera in otto ore di lavoro al giorno può incontrare non più di 8-10 persone. La tecnologia permette invece di scalare il modello, svolgendo tutte quelle funzioni che portano via molto tempo e lo fa su una platea potenzialmente infinita. Lavorando di notte e nei weekend, perché avevamo altre professioni, io e l’altro cofondatore, che poi è mio fratello, abbiamo sviluppato il prodotto. Mio fratello, laureato in Informatica, si occupa della parte tecnologica e digitale, io che ho studiato management della parte economica.
E il nome che cosa significa? Job è chiaro, ma “iri”?
Iri è la contrazione di una parola maori che vuol dire importante. Quindi la parola Jobiri significa “lavoro importante”. Con una doppia valenza: il lavoro per una persona è importante perché riempie gran parte della giornata e identifica, ma sta anche a significare che il nostro lavoro è importante per gli altri. Il lavoro è responsabilità e ha un impatto sociale.
A proposito di lavoro, quali sono i primi passi che un neolaureato deve fare? E soprattutto quali i più efficaci?
Il primo aspetto da tenere in considerazione è la consapevolezza. Il primo obiettivo è capire dove si vuole andare. Una domanda non semplice, ma alla quale deve essere data una risposta chiara fin dall’inizio. Come fare? Esistono diverse strategie per definire meglio il proprio obiettivo, più o meno efficaci. La meno efficace in assoluto è quella di lasciarsi vivere, stare in balia degli eventi, aspettare ciò che accade. È necessario invece che i giovani utilizzino tattiche che aiutino ad acquisire la consapevolezza: riflettere sulle materie che interessano di più, mettersi alla prova con esperienze come volontariato, scambi internazionali, esperienze di stage che facciano capire davvero i propri interessi. Il secondo passo è quello di avvalersi dei consulenti di carriera che, a partire da esercizi mirati sui punti di forza, gli interessi, le soft e le hard skills, traccino l’identikit del laureato.
E una volta scattata questa fotografia?
Inizia la ricerca del lavoro. Che parte da una corretta promozione di sé, ossia il curriculum vitae e la lettera di motivazione. Va tenuto presente che quando un ragazzo manda un cv, insieme alla sua candidatura mediamente ne arrivano circa altre 300. E quindi bisogna per forza trovare il modo di emergere. Ecco che vanno imparate alcune strategie che permettono di differenziarsi: dall’utilizzo di determinate parole chiave alla personalizzazione il più possibile accurata del proprio profilo. Il curriculum deve quantificare le attività svolte ed essere un’occasione per fare storytelling di sé rispetto a quelle che sono le esigenze del datore di lavoro.
Tutte cose che si imparano sulla piattaforma di Jobiri, immagino. Altri consigli?
Mi sento di insistere molto su un approccio qualitativo alla ricerca: è meglio lavorare sulla qualità delle proprie candidature più che sulla quantità. Spesso i ragazzi investono tempo per mandare tantissime domande con il risultato però di non avere riscontri. Perché quella candidatura non è fatta bene. Un cv va scritto attentamente, va personalizzato anche a seconda dell’azienda a cui lo si manda. E ai colloqui bisogna prepararsi, conoscere la realtà alla quale ci si presenta. Infine, c’è un ulteriore aspetto di cui il laureato dovrebbe tenere conto, quello dei valori: scegliere un’azienda molto vicina a quelli che sono i principi importanti per ognuno permette di lavorare in maniera più felice.
Voi vi definite consulenti di carriera digitali. Che cosa fate, in concreto?
Quello che facciamo è permettere allo studente di iniziare a muovere i primi passi nel mondo del lavoro nel miglior modo possibile, aiutarlo a trovare una posizione professionale in tempi record. Chi utilizza i nostri sistemi trova lavoro in circa 28 giorni, quando la media di mercato per un neolaureato è 4-5 mesi. Come lo facciamo? Innanzitutto, grazie alla nostra piattaforma di carriera, un insieme di strumenti digitali disponibili h 24 che consentono al neolaureato di accedere a un complesso di servizi in modalità self service. Dando soluzioni intelligenti.
Un esempio?
Parto dal più semplice. Una volta inserito un curriculum, la nostra piattaforma è in grado di dire al neolaureato quanto sia valido o meno, fornendogli al contempo consigli su come migliorarlo, frasi, esempi, linee guida, parole chiave. Inoltre la piattaforma, a seconda del cv inserito, propone opportunità in linea con quello che un candidato sta cercando. In più Jobiri offre 150 videopillole informative sulla ricerca del lavoro e un aggregatore di offerte che raccoglie circa 200mila annunci al mese.
Rimane tutto sul piano del digitale?
No. Agganciato al percorso digitale c’è, per chi lo vuole, un percorso di career coaching, una persona che segue il neolaureato nel suo percorso. Con questa ibridazione, il nostro modello genera efficienza ed efficacia di processo, unendo strumenti intelligenti disponibili 24 ore su 24 al contatto con un esperto che sa dare quella spinta, quell’energia, quella motivazione in più che permette di fare il salto per arrivare alla meta.
Piattaforme come la vostra come si posizionano rispetto ai Career Service o agli Uffici Placement delle università?
Tra i nostri obiettivi c’è la condivisione di questo modo di supportare i giovani con le istituzioni: diverse università, scuole o sportelli lavoro si rivolgono a noi perché li aiutiamo a ibridare il loro modello, come l’Università Cattolica di Milano, la Statale, la Lumsa, Ca’ Foscari, Trieste, il Polimoda, l’Università del Montenegro e numerosi enti di formazione. La nostra tecnologia non è prerogativa unica di Jobiri, verrebbe meno l’impatto sociale che vogliamo generare. Ibridando il modello si possono creare efficienze interne interessanti ed eliminare quei colli di bottiglia derivanti dal numero di risorse umane a disposizione delle istituzioni. Noi mettiamo a disposizione degli Uffici Placement il nostro modello e tutta l’infrastruttura tecnologica Jobiri.
Il mondo del lavoro sta cambiando a una velocità impressionante, e di conseguenza anche le modalità di ricerca lavoro mutano in maniera continua. Come devono allenarsi i ragazzi ad affrontare questo scenario sempre diverso?
La tecnologia sta cambiando le professioni, a una velocità impressionante. I ragazzi di oggi saranno portati a cambiare lavoro tra le 7 e le 10 (qualcuno addirittura dice 15) volte nell’arco della vita, quindi il tema della gestione della carriera professionale deve essere prioritario. La carriera deve essere assimilata alla capacità di “surfare”… saper stare sull’onda dipende dalla capacità di acquisire competenze rispetto a determinate professioni e di essere proattivi rispetto alla propria carriera. Il che vuol dire sapersi promuovere, capire i canali per arrivare alle opportunità, conoscere il mercato del lavoro.
Gestire la propria carriera professionale, diceva… quindi anche persone che hanno perso il lavoro o desiderano cambiarlo si rivolgono a voi?
Complessivamente chi si rivolge a noi è rappresentato dal 65% di ragazzi junior e il 35% degli over 35 anni (percentuale che deriva dal fatto che il nostro modello è usato da scuole e università). Se invece calcoliamo coloro che si rivolgono direttamente a noi, allora la percentuale, tra junior e senior, si attesta sul 50%.
Quali sono i settori che offrono maggiori opportunità professionali?
Ci sono settori che hanno tempistiche di inserimento anche più veloci, rispetto ai 28 giorni medi di cui parlavo prima. E sono informatica, ingegneria, le materie Stem, ossia le scienze, le tecnologie, la matematica.
Profili ricercatissimi. Perché dovrebbero rivolgersi a voi?
Il fatto di appoggiarsi a un servizio come il nostro permette di fare scelte più consapevoli. Capita spesso che un laureato in queste materie riesca a inserirsi nel mondo del lavoro molto rapidamente (vista l’alta richiesta) per poi accorgersi che non è la strada giusta per lui. Paradossalmente la velocità di inserimento può andare a discapito della comprensione del settore più adatto. Jobiri aiuta il candidato a capire maggiormente i propri obiettivi e fare quindi una scelta consapevole.
Altri settori?
Quelli colpiti maggiormente dalla pandemia, per esempio il mondo dell’hospitality, gli hotel, l’horeca, il turismo. Poi ci sono altri campi più tradizionali che, se visti con logiche nuove, possono offrire prospettive interessanti di inserimento. Parlo del mondo della produzione, del food. La differenza sta nell’acquisire competenze nuove, come il digital marketing o la business intelligence: il saper declinare su settori tradizionali competenze richieste dal mercato permette di accelerare sul fronte dell’inserimento. Analizzando circa 200mila annunci di lavoro al mese, ci siamo resi conto che le competenze richieste sono cambiate trasversalmente, c’è un forte shift sulle competenze legate alla collaborazione, il saper comunicare, il saper lavorare in gruppo. Perché il modello di lavoro si è ibridato, tra digitale e fisico, in presenza e a distanza. Così come è importante saper uscire dalle logiche competitive per entrare in quelle cooperative. Sono poi aumentate le richieste di competenze digitali, che sono date ormai per scontate.
Si parla sempre di neolaureati in materie Stem o in Economia. Ma per i laureati in materie umanistiche che spazi ci sono?
Supportiamo tantissimi laureati in discipline umanistiche, che, e spesso non lo sanno, hanno potenzialità molto interessanti. Si tratta di competenze come lo scrivere bene, saper analizzare i fatti, ragionare con le parole, la capacità di espressione e comunicazione che vanno convertite e offrono molto potenziale da spendere per esempio nel mondo della Seo, la Search engine optimization, oppure nel campo del digital marketing. Certo, si tratta di percorsi più trasversali rispetto allo studio della letteratura, per fare un esempio. L’importante è imparare a fare storytelling di sé in maniera differente e andare a indirizzare lo sforzo di ricerca non solo su biblioteche o musei, ma anche su realtà digitali.

 

Di Sabrina Miglio